Ciò che rende più umile l'uomo purtroppo è il peccato, non i suoi meriti. Tanti di noi che pensano di non peccare, diventano dei saccenti, si compiacciono di stessi, si riempiono del dolce sapere; non si rendono conto che invece entrano nella categoria che è poco gradita a Dio. Il Signore è pronto a perdonare i nostri errori solo se da veri cristiani abbiamo il pentimento e il senso del rincrescimento. Chi sa di non essersi comportato bene e si rende conto che senza l'aiuto di Dio è un “nulla che sbaglia in continuazione”, si rende umile. Chi invece pecca con abitudine non si rende conto che sta sbagliando, non fa neanche l'esame di coscienza, non se ne dispiace. I santi dicevano di peccare sette volte al giorno perché sapevano che c'è una lunga fila di peccati, che non sono quelli che normalmente pensiamo, che si commettono costantemente. Peccare vuol dire innanzitutto disobbedire alla legge di Dio e rende umili coloro che si dispiacciono di aver peccato, non coloro che pensano di aver ragione nell'errore. Per questo motivo il Signore ha premiato il pubblicano e non il fariseo. Quando una persona buona fa del male, se ne dispiace, chissà cosa farebbe per rimediare. Dobbiamo avere questo sentimento quando ci avviciniamo al Signore e dire: "Non meritavi che io sbagliassi, però dammi la grazia e la forza di commettere sempre meno errori ed essere sempre più solidale con i tuoi insegnamenti". Il rincrescimento di aver fatto una mancanza, il Signore lo accoglie come il dono più bello. Anche la povertà mantiene umili; infatti quando uno ha bisogno di tutto, si abbassa e si umilia davanti agli altri per chiedere aiuto. Diversamente una persona che non ha bisogno di nessuno è alterca, irosa, boriosa, arrogante e noi con questo stile ci comportiamo anche davanti al Signore. Non dobbiamo arrivare al punto di essere umili solo davanti al peccato o alla povertà, ma dobbiamo essere umili e avere un cuore contrito già da subito, non costretti da azioni della vita. Possiamo averlo prima questo sentimento come l'ha avuto Maria Santissima senza nessuna colpa, magari durante le nostre preghiere o i nostri digiuni. CON QUALE SENTIMENTO ANDIAMO A CONFESSARCI? Se andiamo in confessionale con la gioia nel cuore vuol dire che non abbiamo capito la gravità del nostro errore; se invece ci andiamo dispiaciuti, il nostro cuore dopo la riconciliazione con Gesù scoppierà di gioia. È in quell'occasione che il Signore misura con il termometro la nostra temperatura. Quando eravamo piccoli e commettevamo delle marachelle, ci dispiacevamo, e la mamma che capiva il nostro dispiacere, ci faceva comprendere con due parole di averci perdonato. Se invece volevamo capovolgere la situazione, i genitori si inasprivano. Davanti alle nostre mancanze come ci siamo comportati? Abbiamo voluto che il debito diventasse un credito o siamo stati sinceri dicendo: “Si, ho sbagliato, non lo farò mai più?" Ammettiamo le nostre colpe senza alcun commento, per diventare il pubblicano della situazione e non il fariseo. Dobbiamo conoscere la nostra predisposizione alla santa confessione perché li c'è la riconciliazione con Dio e con Gesù, alla presenza della Madonna. Il Signore non guarda all'apparenza, all'esteriorità, alla quantità di preghiere che noi diciamo, ma alla bontà d'animo, quella che il mondo ha smarrito. Se fossimo equilibrati, con una bontà d'animo giusta e genuina, la nostra reazione sarebbe uguale sia che parliamo degli altri o di noi stessi. Invece, davanti al peccato, siamo sempre pronti ad assolvere l'amico e a condannare il nemico, come se fossimo depositari del giudizio verso gli altri, mentre quando siamo “toccati” personalmente non accettiamo alcuna ingiustizia! La fede è in diminuzione perché non la alimentiamo con ciò che piace tanto al Signore: l'umiltà e la bontà d'animo. Abbandoniamoci con incoscienza allo Spirito Santo il quale ci può portare ad altezze impossibili. Tanti vogliono copiare la vita dei santi pensando di avere già raggiunto un livello eccelso di santità: poveretti, come sono conciati, dimostrano solo di non avere più equilibrio e il senso della logica! Rimaniamo quello che siamo, non cerchiamo di vivere la vita di un altro dimenticando la nostra. Confidenze di Maria santissima a Roberto Longhi sul monte Misma
Il peccato ci rende umili
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Ciò che rende più umile l'uomo purtroppo è il peccato, non i suoi meriti. Tanti di noi che pensano di non peccare, diventano dei saccenti, si compiacciono di stessi, si riempiono del dolce sapere; non si rendono conto che invece entrano nella categoria che è poco gradita a Dio. Il Signore è pronto a perdonare i nostri errori solo se da veri cristiani abbiamo il pentimento e il senso del rincrescimento. Chi sa di non essersi comportato bene e si rende conto che senza l'aiuto di Dio è un “nulla che sbaglia in continuazione”, si rende umile. Chi invece pecca con abitudine non si rende conto che sta sbagliando, non fa neanche l'esame di coscienza, non se ne dispiace. I santi dicevano di peccare sette volte al giorno perché sapevano che c'è una lunga fila di peccati, che non sono quelli che normalmente pensiamo, che si commettono costantemente. Peccare vuol dire innanzitutto disobbedire alla legge di Dio e rende umili coloro che si dispiacciono di aver peccato, non coloro che pensano di aver ragione nell'errore. Per questo motivo il Signore ha premiato il pubblicano e non il fariseo. Quando una persona buona fa del male, se ne dispiace, chissà cosa farebbe per rimediare. Dobbiamo avere questo sentimento quando ci avviciniamo al Signore e dire: "Non meritavi che io sbagliassi, però dammi la grazia e la forza di commettere sempre meno errori ed essere sempre più solidale con i tuoi insegnamenti". Il rincrescimento di aver fatto una mancanza, il Signore lo accoglie come il dono più bello. Anche la povertà mantiene umili; infatti quando uno ha bisogno di tutto, si abbassa e si umilia davanti agli altri per chiedere aiuto. Diversamente una persona che non ha bisogno di nessuno è alterca, irosa, boriosa, arrogante e noi con questo stile ci comportiamo anche davanti al Signore. Non dobbiamo arrivare al punto di essere umili solo davanti al peccato o alla povertà, ma dobbiamo essere umili e avere un cuore contrito già da subito, non costretti da azioni della vita. Possiamo averlo prima questo sentimento come l'ha avuto Maria Santissima senza nessuna colpa, magari durante le nostre preghiere o i nostri digiuni. CON QUALE SENTIMENTO ANDIAMO A CONFESSARCI? Se andiamo in confessionale con la gioia nel cuore vuol dire che non abbiamo capito la gravità del nostro errore; se invece ci andiamo dispiaciuti, il nostro cuore dopo la riconciliazione con Gesù scoppierà di gioia. È in quell'occasione che il Signore misura con il termometro la nostra temperatura. Quando eravamo piccoli e commettevamo delle marachelle, ci dispiacevamo, e la mamma che capiva il nostro dispiacere, ci faceva comprendere con due parole di averci perdonato. Se invece volevamo capovolgere la situazione, i genitori si inasprivano. Davanti alle nostre mancanze come ci siamo comportati? Abbiamo voluto che il debito diventasse un credito o siamo stati sinceri dicendo: “Si, ho sbagliato, non lo farò mai più?" Ammettiamo le nostre colpe senza alcun commento, per diventare il pubblicano della situazione e non il fariseo. Dobbiamo conoscere la nostra predisposizione alla santa confessione perché li c'è la riconciliazione con Dio e con Gesù, alla presenza della Madonna. Il Signore non guarda all'apparenza, all'esteriorità, alla quantità di preghiere che noi diciamo, ma alla bontà d'animo, quella che il mondo ha smarrito. Se fossimo equilibrati, con una bontà d'animo giusta e genuina, la nostra reazione sarebbe uguale sia che parliamo degli altri o di noi stessi. Invece, davanti al peccato, siamo sempre pronti ad assolvere l'amico e a condannare il nemico, come se fossimo depositari del giudizio verso gli altri, mentre quando siamo “toccati” personalmente non accettiamo alcuna ingiustizia! La fede è in diminuzione perché non la alimentiamo con ciò che piace tanto al Signore: l'umiltà e la bontà d'animo. Abbandoniamoci con incoscienza allo Spirito Santo il quale ci può portare ad altezze impossibili. Tanti vogliono copiare la vita dei santi pensando di avere già raggiunto un livello eccelso di santità: poveretti, come sono conciati, dimostrano solo di non avere più equilibrio e il senso della logica! Rimaniamo quello che siamo, non cerchiamo di vivere la vita di un altro dimenticando la nostra.

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