Gesù
non
è
partito
a
predicare
dal
tempio
dove
c’erano
i
sacerdoti,
l’élite
dei
fedeli,
ma
ha
portato
la
luce
in
mezzo
ai
pagani
di
Nèftali
e
Zàbulon
dove
il
popolo
viveva
distratto
nelle
tenebre.
È
andato
nel
paese
moralmente
peggiore.
Nelle
cose
di
Dio
non
bisogna
stare
lì
a
ragionare,
perché
tutto
è
il
contrario
di
tutto.
Non
si
possono
fare
calcoli
matematici
o
scientifici
quando
si
parla
di
fede,
ma
noi
vogliamo
imporre
una
linea
formata
sulle
parole
e
sulle
devozioni.
Mentre
Gesù
camminava
lungo
il
mare
di
Galilea
incontrò
Simon
Pietro,
Andrea
ed
altri
apostoli
impegnati
nei
loro
lavori.
Non
ha
fatto
un
bando
di
concorso,
non
ha
voluto
curriculum
né
garanzie
sulla
loro
vita,
ma
persone
che
avevano
la
caratteristica
dell’obbedienza.
Una
persona
semplice
la
si
può
migliorare,
ma
da
una
persona
piena
di
sé,
avida,
orgogliosa
e
prepotente
non
si
estrapola
niente
di
buono.
Che
cosa
ha
indotto
gli
apostoli
a
seguire
Gesù
e
a
lasciare
istantaneamente
le
loro
famiglie
e
tutto
quello
che
avevano?
Perché
proprio
dodici?
Nessuno
li
aveva
avvisati
e
nemmeno
lo
conoscevano.
Non
erano
andati
a
scuola
ma
erano
provati
da
una
dura
vita,
eppure
hanno
evangelizzato
cinque
continenti.
Certamente
hanno
portato
la
loro
natura
umana,
tant’è
che
a
un
certo
punto
Gesù
ha
detto:
“
volete
andarvene
anche
voi?”
.
Hanno
vissuto
insieme
per
un
periodo
formando
una
squadra
e
senza
l’enfasi
intorno
al
Maestro
perché
destabilizza.
La
parola
di
Dio
è
un
mistero
per
tutti,
la
conosciamo
quando
crediamo
di
avere
perso
e
stiamo
per
soccombere,
ma
con
coraggio
e
dignità
accettiamo
la
sconfitta.
Impariamo
a
fare
un
salto
di
qualità
nell’obbedienza,
nell’incoscienza
e
nell’abbandono
totale
a
Dio,
consapevoli
che
non
ci
abbandonerà.
Invece
vorremmo
già
avere
l’attestato
di
soprannaturalità,
che
siamo
miracolati
o
miracolosi.
E
nostri
peccati?
Ci
comportiamo
come
professionisti
della
verità
e
portiamo
fuori
strada
anche
gli
altri.
Siamo
figli
della
nostra
ragione.
Come
possiamo
essere
conformi
al
progetto
di
Dio
con
un
cuore
duro
verso
i
fratelli
o
solo
perché
andiamo
a
messa?
Ciò
è
superbia,
orgoglio,
illusione.
Non
bisogna
recitare
un
copione,
è
il
Signore
che
sceglie
e
nessuno
ha
fatto
salti
di
gioia
per
questo.
Il
vero
strumento
non
sa
di
esserlo,
non
c’è
preparazione,
teologia,
quantitativo
di
frequentazioni
o
di
orazioni
che
tenga,
bisogna
avere
l’anima
trasparente,
pulita,
disponibile
all’ascolto.
Quando
stiamo
bene
insieme,
nell’amore
e
senza
polemiche,
si
può
pregustare
la
gioia
del
paradiso.
Non
si
può
aver
ragione
distruggendo
un’altra
persona,
né
giustificare
i
nostri
errori
dicendo
che
siamo
umani.
Gesù
ha
vinto
la
morte
perché
ha
accettato
la
sconfitta,
siamo
disposti
ad
accettare
il
torto
anche
se
abbiamo
ragione?
Oppure
siamo
più
propensi
a
sostenere
la
ragione
umana?
Andiamo
a
rivelare
un
Dio
che
non esiste perché Gesù e la Madonna ci hanno insegnato ad accettare le ingiustizie e le sofferenze.
LUCE NELLE TENEBRE O SALE INSIPIDO?
Quando
mettiamo
il
sale
nei
cibi
scompare,
così
Dio
è
quel
sapore
che
non
vediamo
ma
che
dà
una
verità
diversa
a
chi
non
la
conosce.
Se
diciamo
di
avere
Dio
nel
cuore
ma
non
riveliamo
il
Vangelo,
è
come
mettere
il
sale
e
non
dare
sapore.
È
un’offesa
per
il
Signore.
Che
sale
è
quello
che
non
dà
sapore?
Uno
si
illude
di
aver
salato,
ma
il
cibo
è
insipido.
Dobbiamo
dare
un
senso
logico
alla
nostra
vocazione
cristiana,
dimostrare
una
differenza
tra
chi
riceve
l’eucarestia
e
chi
non
la
riceve,
dare
sostanza
al
nutrimento
spirituale.
Dov’è
che
siamo
luce
nelle
tenebre?
Se
andiamo
in
un
posto
con
la
luce
portiamo
disunione,
commento,
polemica:
non
si
ama,
non
si
perdona,
non
ci
si
accetta
così
come
si
è.
Sentendo
questa
voce
nuova
tramite
Roberto,
il
Signore
ci
permette
di
svegliarci
da
un
lungo
letargo,
potremmo
liberare
tante
anime
della
nostra
progenie
che
da
secoli
gemono
e
soffrono
nel
purgatorio.
Le
grazie
che
Dio
ci
dà
costano,
richiedono
rinunce,
sacrifici,
accettazioni
di
umiliazioni,
perché
tutto
va
a
vantaggio
dell’eternità.
In
un
mondo
così
falso
basta
poco
per
elevarci,
cerchiamo
almeno
di
essere
i
meno
peggio.
Come
Dio
scende
in
noi
senza
che
lo
vediamo
ma
dà
sapore
alle
nostre
azioni,
dobbiamo
essere
sale
nel
momento
della
prova.
Il
sale
esalta
il
gusto
di
ogni
cibo
in
maniera
diversa,
così
il
Signore
vuole
entrare
dentro
di
noi
dando
a
ciascuno
un
gusto
diverso
perché
siamo
diversi.
È
nella
nostra
vita
anche
se
non
lo
vediamo,
lo
riveliamo
in
base
a
come
viviamo
nell’amore
e
nella
mancanza
di
critica
e
giudizio.
Il
vero
cristiano
non
deve
né
assolvere
né
condannare,
quante
volte
l’abbiamo
fatto
anche
solo
mentalmente?
Giustifichiamo
le
persone
amiche
e
condanniamo
quelle
antipatiche.
Il
Signore
ci
accontenta,
ci
fa
trovare
ogni
seduzione,
perché
ci
facciamo
imprigionare
da
esse?
Vogliamo
solo
le
cose
più
gradevoli
e
al
Signore
non
diamo
nulla.
Al
primo
posto
abbiamo
messo
noi
stessi,
è
come
se
fossimo
il
vero
dio
e
il
Signore
il
servo
che
deve
assecondare
i
nostri
desideri.
Ci
rendiamo
conto
che
tutte
le
nostre
facoltà
mentali
e
fisiche
servono
perlopiù
a
disobbedire
a
Dio?
Come
sono
i
nostri
pensieri?
Vogliamo
di
più
in
questa
terra
o
nel
mistero
dell’altra
dimensione?
Da
questa
risposta
si
vede se siamo credenti o anticristiani.
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