Purtroppo
quasi
tutti
i
cristiani
commettono
l’errore
di
superbia
e
di
orgoglio
del
fariseo
e
non
sanno
approfittare
dell'esempio
del
pubblicano,
il
quale
con
un
gesto
di
umiltà,
ha
annullato
tutti
i
suoi
errori
trovando
la
benevolenza
del
Signore.
Il
fariseo
aveva
fatto
tutto
giusto:
rispettava
la
legge
di
Dio,
pagava
la
10ª,
faceva
digiuno,
frequentava
il
tempio
del
Signore,
pregava,
però
ha
commesso
l'ultima
parte
che
ha
annullato
tutto
ciò
che
di
bene
aveva
fatto:
pretendeva
un
riconoscimento
per
quello
che
faceva,
si
sentiva
privilegiato,
di
meritare
una
ricompensa,
diceva
infatti
tra
sé
“O
Dio,
ti
ringrazio
che
non
sono
come
gli
altri
uomini,
ladri,
ingiusti,
adùlteri,
e
neppure
come
questo
pubblicano”.
Il
pubblicano
aveva
sbagliato
tutto
nella
sua
vita,
ne
aveva
combinate
“peggio
di
Bertoldo",
tuttavia
ha
chiesto
perdono
e
scusa,
ha
ammesso
tutti
i
suoi
errori:
“O
Dio,
abbi
pietà
di
me
peccatore”.Questa
parabola
di
Gesù
ci
insegna
che
la
superbia
è
ciò
che
il
Signore
più
di
ogni
altra
cosa
non
gradisce,
mentre
perdona
i
peccati
che
all'uomo
sembrano
i
più
grandi.
Stiamo
attenti
a
non
commettere
l'errore
del
fariseo,
per
non
far
la
fine
dell’angelo
più
luminoso
(Lucifero),
perché
con
un
semplice
comportamento
(di
superbia)
possiamo
annullare
tutti
i
sacrifici,
le
preghiere
e
le
buone
azioni
che
abbiamo
fatto.
Possiamo
perdere
tutto
quello
che
abbiamo
guadagnato
con
tanto
impegno
davanti
al
Signore,
perché
invece
di
amarci
gli
uni
gli
altri,
ci
difendiamo,
ci
imponiamo
gli
uni
gli
altri...Cerchiamo
di
essere
un
po'
fariseo
per
la
prima
parte,
è
un
po'
pubblicano
per
la
seconda
parte,
per
diventare
intelligenti
e
scaltri
come
ha
fatto
il
ladrone
che
si
è
guadagnato
il
paradiso
all'ultimo
istante.
Sperimentiamo
il
vero
sentimento
dell'amore
per
rendere
esplosivo
e
gioioso
ogni
nostro
gesto,
per
disintegrare
il
male
e
la
confusione
davanti
a
noi,
senza
rendercene
conto.
È
attraverso
la
gioia
del
nostro
cuore
che
si
possono
cambiare
tutte
le
ingiustizie
del
mondo,
perché
tutte
le
azioni
perfide
e
degeneranti
fuoriescono
dal
cuore
dell'uomo.
Questa
gioia
noi
non
l'abbiamo
ancora
conosciuta
perché
facciamo
in
continuazione
l'errore
del
fariseo,
facciamo
uscire
dal
nostro
cuore
solo
critiche,
maldicenze,
polemiche:
tutte
cose
che
non
ci
giustificano,
ma
ci
accusano
davanti
al
Signore.
San
Paolo
dalla
lettera
ai
romani
(2,1)
ci
dice
che:"
Sei
dunque
inescusabile,
chiunque
tu
sia,
o
uomo
che
giudichi;
perché
mentre
giudichi
gli
altri,
condanni
te
stesso;
infatti,
tu
che
giudichi,
fai
le
medesime
cose".
Noi
invece,
pensiamo
di
avere
un
riconoscimento
solo
perché
difendiamo
a
modo
nostro
la
legge
di
Dio,
ma
non
come
c'è
stata
rivelata.
Abituiamoci
a
fare
ciò
che
il
Signore
ci
chiede,
non
ciò
che
riteniamo
giusto (salvo poi tornare a fare ciò che dice il Signore quando abbiamo bisogno....).
SIAMO AMATI DAL NOSTRO AMORE VERSO IL PROSSIMO
Nel
nostro
cuore
c'è
un
sentimento
troppo
materialista,
sempre
pronto
a
sostenere
la
nostra
ragione
che
è
la
ragione
dell'orgoglio,
che
pretende
di
sapere
quando
in
realtà
non
sa
niente.
Non
siamo
più
disposti
ad
ascoltare,
solo
a
commentare
e
criticare.
Dobbiamo
cambiare
ciò
che
c'è
nel
profondo
del
nostro
cuore
che
non
sia
conforme
all'amore.
Se
riusciremo
ad
amarci
e
ad
amare,
sentiremo
quanto
è
bello
essere
amati
dall'amore
che
fuoriesce
tra
noi
quando
amiamo.
Il
Signore
non
ci
dice
di
“
farci
amare”
,
ma
di
“
amare”.
L'amore
che
noi
sentiamo
di
più
è
quello
che
fuoriesce
da
noi
quando
amiamo,
non
è
quello
che
dobbiamo
aspettare
dall’altro,
perché
non
sempre
riusciamo
a
percepirlo.
Noi
siamo
amati
mentre
stiamo
amando,
come
Gesù
ha
dimostrato
dalla
croce,
amando
anche
chi
non
meritava.
Siamo
amati
da
quell'amore
che
non
desidera
altro
che
rendere
felice
il
prossimo.
La
gioia
dell'amore
fra
di
noi,
non
del
rispetto
fra
di
noi,
è
ciò
che
il
Signore
e
la
Madonna
desiderano
tanto
che
riscopriamo,
perché
quella
gioia,
che
vale
più
dell'oro
e
di
qualsiasi
metallo
prezioso,
è
la
pregustazione
su
questa
terra
della
gioia
del
paradiso
annunciata
da
Gesù.
Non
pensiamo
più
solo
a
noi
stessi,
ma
offriamo
l’amore
ed
il
perdono
reciproco,
mettendo
da
parte
la
nostra
ragione
e
accogliendo
le
ingiustizie
in
silenzio,
comprese
quelle
che
non
vorremmo
accettare,
per
consolare
il
cuore
di
Colei
che,
come
una
vera
mamma,
vive
la
sofferenza
di
tutti
gli
uomini.
Riceveremmo
di
conseguenza
tante
grazie
e
non
ci
lamenteremo
più
davanti
al
Signore,
di
Tizio,
di
Caio
o
di
Sempronio,
ma
continuamente
lo
ringrazieremmo
per
quello
che
ci
ha
fatto
riscoprire.
Siamo
noi
che
possiamo
togliere
ogni
ingiustizia
dal
nostro
cuore,
con
l'amore,
per
far
svanire
tutte
le
ingiustizie
e
tutto
il
male
che
c'è
sulla
terra,
senza
perdere
tempo,
senza
fare
cortei
di
disapprovazione
e
di
dissenso
che,
come
le
nostre
lamentele,
non
servono
a
niente.
I
nostri
"se",
"ma",
"però"
,
servono
solo
a
giustificare
il
nostro
comportamento.
L'offerta
che
noi
faremo
al
Signore
accettando
l'ingiustizia,
ci
ripagherà
con
tanta
gioia
che
annullerà
subito
ciò
che
per
noi
sembrava
impossibile:
quel
boccone
amaro
diventerà un cibo prelibato, un nutrimento più dolce del miele.
E SE LO SCREZIO FOSSE LA PROVA DEL SIGNORE?
Quando
si
è
polemici
e
si
critica
tutto
e
tutti,
è
perché
dentro
di
sé
si
è
aridi,
non
si
ha
l’amore,
non
si
è
felici
e
sereni,
ma
si
vuole
trascinare
nel
proprio
baratro
tutto
il
mondo.
Chi
è
felice
ha
un
esplosione
d'amore
che
supera
ogni
situazione
poco
chiara,
anche
la
più
difficile,
da
rendere
gioiosa
anche
la
persona
che
sta
creando
problemi.
Quando
prima
di
tutto
c'è
Dio
e
il
desiderio
di
amare,
tutto
il
male
svanisce:
tendiamo
la
mano
a
chi
ci
offende,
gli
offriamo
un
sorriso,
gli
diciamo:
"ho
capito
che
non
l'hai
fatto
apposta..".
Giustifichiamo
il
nostro
prossimo,
anziché
accusarlo.
Invece,
dimostriamo
di
non
rispettare
colui
che
ci
ha
creati,
quando
al
primo
screzio
ci
arrabbiamo
e
"mandiamo
tutti
a
quel
paese"..
..
Perché
quello
screzio
può
essere
la
prova
che
il
Signore
ci
mette
davanti,
non
l'infido
che
ci
tira
lo
sgambetto!
Ricordiamoci
il
detto
“Non
cade
foglia
che
Dio
non
voglia”…
Invece
di
cogliere
la
provocazione
e
reagire
con
veemenza,
fermiamoci
e
chiediamoci
se
è
il
momento
che
ci
meritiamo
la
promozione
del
Signore
nel
superare
questa
prova,
amando
il
nostro
nemico,
colui
che
ci
provoca
e
ferisce,
colui
che
ci
offende.
Non
lasciamo
trionfare
l’orgoglio
della
nostra
ragione,
che
ci
fa
reagire
con
rabbia
facendoci
aumentare
l'astiosità
verso
chi
ci
sta
davanti.
Non
escludiamo
che
può
essere
la
prova,
come
per
i
due
ladroni
vicini
a
Gesù:
uno
gli
ha
carpito
il
paradiso,
l’altro
si
lamentava,
giustamente
secondo
la
logica
umana,
invitando
Gesù
a
scendere
dalla
croce…
Cosa
prevale
di
più
nella
nostra vita, il nostro pensiero o la parola e la legge del Signore?
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