Il miglior dialogo con il Signore è il silenzio, così è lui che parla. Egli sa quello di cui abbiamo bisogno, da noi vuole solo che rispettiamo i suoi comandamenti. Perché dobbiamo farci contagiare da persone scontente, da gente che non è sincera e si lamenta per interessi personali? Non dobbiamo portare a casa i problemi che crea l’uomo. La nostra casa deve essere un alveare di pace e di gioia, un’oasi felice dove genitori e figli possono finalmente rilassarsi. È bello preservare nel silenzio coloro che affrontano più problemi di altri, hanno bisogno di stare un po’ con stessi. Dobbiamo difendere in ogni modo la nostra casa, anche a costo di ingoiare bocconi amari dalle persone più care. Deve diventare il posto più bello che esiste, come se non volessimo andare più da nessun’altra parte: un sorriso, una battuta, una cavolata, un’arrabbiatura, tutto deve essere circoscritto alla famiglia e nessuno deve saperlo. È inutile far cambiare modo di ragionare a quelli che non lo cambieranno, proviamo a essere un po’ più tolleranti. Dobbiamo immolarci per i nostri familiari per salvaguardare la pace e l’unione, sentiremo una gioia che non abbiamo mai sentito prima, non ci sentiremo di essere stati presi in giro. Guardiamo i nostri cari come le persone più belle, aiutiamoli, facciamo vedere che combattiamo la stessa battaglia, senza paura e pretese. Lasciamoli fuori dai nostri problemi, non ne hanno colpa, essi servono soltanto a distruggere e a sconquassare. Appendiamoli a un chiodo ben grosso fuori casa, li riprenderemo al mattino ma forse potrebbero essere spariti. È un cammino di intelligenza, di scaltrezza e di spensieratezza, perché i figli della luce sono più scaltri degli altri. Quando una cosa non si può più cambiare, possiamo stare tranquilli, riflettere e non prendere decisioni se siamo pieni di livore. Possiamo dire qualche preghiera nel nostro cuore, come se dovessimo spostare tutte le nostre viscere. Davanti al nostro coraggio potremmo sentire l’aiuto del Signore e della Madonna, anche se l’abbiamo combinata grossa o ce l’hanno combinata grossa. Stiamo fermi, imperterriti, tenaci, testoni, con il cuore e la mente assorti nel Signore senza pretendere niente, ammettiamo i nostri errori e proponiamo di non commetterli più. Chiamiamo come testimone soltanto Dio. Poi improvvisamente, nella quiete, avviene questo fantastico miracolo: sentiamo che anche nella peggiore delle ipotesi c’è ancora una possibilità. C’è sempre una via d’uscita con il Signore per ogni problema, però dobbiamo tenercelo per noi. Invochiamo la sua sapienza, ci sentiremo vincitori perché non ci ha abbandonati. Facciamo finta di niente, non sempre il torto viene da una parte e la ragione dall’altra. Mai avremmo pensato di andare a letto sereni. Questa è la fede che viene da Dio. Da quale diavolo è nato quel problema? Quando guarderemo i nostri cari penseremo che ci vuole un grande cuore di padre o di madre per superare certe cose. Che bello se fuoriescono parole di pace e di amore quando il nostro cuore è distrutto dalla sofferenza! Pensiamo di uscire perdenti e invece usciamo vincitori. La Chiesa offre opportunità per proteggerci, benedizioni che i genitori possono fare sui figli. Non abituiamoli a pretendere diritti che non meritano, altrimenti non fanno nulla per migliorarsi. Non illudiamo la gente che otteniamo a prescindere o in base al luogo che frequentiamo, dobbiamo essere a posto con il Signore per ricevere la sua grazia. COME PUÒ CHIEDERE SOLTANTO PREGHIERE? Che onore e rispetto riserviamo a Maria Santissima? Chi è per noi la Madre di Dio? La Madonna non è una semplice figura che può concedere il miracolo. Per quello che rappresenta e per i suoi meriti è come se la vedessimo alta 2000 metri, un arco celeste della creazione, una Regina che comprende tutte le qualità per il vivere bene. Dovremmo andare da lei con uno spirito diverso, sentendoci indegni di diffondere il suo santo nome con le immaginette o la corona del Rosario, perché Dio l’ha colmata di grazie. Invece la trattiamo come se fosse la nostra serva e ci appropriamo delle sue qualità come fanno purtroppo certi carismatici. Di quello che porta dal cielo non ci rimane niente, salvo poche eccezioni. Quanta arroganza Gesù vede nei confronti di sua Madre! Abbiamo imparato con le preghiere a fare come per gli interessi di casa nostra: dire un’Avemaria non è come dare un euro alla Madonna, dirne cento non è come offrire cento euro. Se le preghiere non sono accompagnate da concretezza e verità non valgono nulla. Cosa facciamo per la Madonna? Siamo sicuri che non le dobbiamo mai niente? Se abbiamo una dipendenza o un vizio sarebbe buona cosa non alimentarli, ma gestirli in modo che restino nella loro forma iniziale. Invece diventiamo voraci e distruggiamo noi stessi e quelli che ci stanno vicino. A che serve? Limitiamo i danni e combattiamo una qualsiasi dipendenza, che può essere il dire male, così per abitudine riusciamo a vincerla. Criticare non significa necessariamente condannare una persona ma dissentire, riprendere, rinfacciare. Evitiamo di reagire o di sentirci stupidi quando veniamo offesi. Offriamo come digiuno al Signore la rinuncia a ciò che siamo più fragili, non il digiuno a pane e acqua. Confidenze di Maria santissima a Roberto Longhi sul monte Misma
Il chiodo fuori casa
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© Un deserto sul Misma - Silenzio, preghiera, meditazione, abbandono….
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Il miglior dialogo con il Signore è il silenzio, così è lui che parla. Egli sa quello di cui abbiamo bisogno, da noi vuole solo che rispettiamo i suoi comandamenti. Perché dobbiamo farci contagiare da persone scontente, da gente che non è sincera e si lamenta per interessi personali? Non dobbiamo portare a casa i problemi che crea l’uomo. La nostra casa deve essere un alveare di pace e di gioia, un’oasi felice dove genitori e figli possono finalmente rilassarsi. È bello preservare nel silenzio coloro che affrontano più problemi di altri, hanno bisogno di stare un po’ con stessi. Dobbiamo difendere in ogni modo la nostra casa, anche a costo di ingoiare bocconi amari dalle persone più care. Deve diventare il posto più bello che esiste, come se non volessimo andare più da nessun’altra parte: un sorriso, una battuta, una cavolata, un’arrabbiatura, tutto deve essere circoscritto alla famiglia e nessuno deve saperlo. È inutile far cambiare modo di ragionare a quelli che non lo cambieranno, proviamo a essere un po’ più tolleranti. Dobbiamo immolarci per i nostri familiari per salvaguardare la pace e l’unione, sentiremo una gioia che non abbiamo mai sentito prima, non ci sentiremo di essere stati presi in giro. Guardiamo i nostri cari come le persone più belle, aiutiamoli, facciamo vedere che combattiamo la stessa battaglia, senza paura e pretese. Lasciamoli fuori dai nostri problemi, non ne hanno colpa, essi servono soltanto a distruggere e a sconquassare. Appendiamoli a un chiodo ben grosso fuori casa, li riprenderemo al mattino ma forse potrebbero essere spariti. È un cammino di intelligenza, di scaltrezza e di spensieratezza, perché i figli della luce sono più scaltri degli altri. Quando una cosa non si può più cambiare, possiamo stare tranquilli, riflettere e non prendere decisioni se siamo pieni di livore. Possiamo dire qualche preghiera nel nostro cuore, come se dovessimo spostare tutte le nostre viscere. Davanti al nostro coraggio potremmo sentire l’aiuto del Signore e della Madonna, anche se l’abbiamo combinata grossa o ce l’hanno combinata grossa. Stiamo fermi, imperterriti, tenaci, testoni, con il cuore e la mente assorti nel Signore senza pretendere niente, ammettiamo i nostri errori e proponiamo di non commetterli più. Chiamiamo come testimone soltanto Dio. Poi improvvisamente, nella quiete, avviene questo fantastico miracolo: sentiamo che anche nella peggiore delle ipotesi c’è ancora una possibilità. C’è sempre una via d’uscita con il Signore per ogni problema, però dobbiamo tenercelo per noi. Invochiamo la sua sapienza, ci sentiremo vincitori perché non ci ha abbandonati. Facciamo finta di niente, non sempre il torto viene da una parte e la ragione dall’altra. Mai avremmo pensato di andare a letto sereni. Questa è la fede che viene da Dio. Da quale diavolo è nato quel problema? Quando guarderemo i nostri cari penseremo che ci vuole un grande cuore di padre o di madre per superare certe cose. Che bello se fuoriescono parole di pace e di amore quando il nostro cuore è distrutto dalla sofferenza! Pensiamo di uscire perdenti e invece usciamo vincitori. La Chiesa offre opportunità per proteggerci, benedizioni che i genitori possono fare sui figli. Non abituiamoli a pretendere diritti che non meritano, altrimenti non fanno nulla per migliorarsi. Non illudiamo la gente che otteniamo a prescindere o in base al luogo che frequentiamo, dobbiamo essere a posto con il Signore per ricevere la sua grazia. COME PUÒ CHIEDERE SOLTANTO PREGHIERE? Che onore e rispetto riserviamo a Maria Santissima? Chi è per noi la Madre di Dio? La Madonna non è una semplice figura che può concedere il miracolo. Per quello che rappresenta e per i suoi meriti è come se la vedessimo alta 2000 metri, un arco celeste della creazione, una Regina che comprende tutte le qualità per il vivere bene. Dovremmo andare da lei con uno spirito diverso, sentendoci indegni di diffondere il suo santo nome con le immaginette o la corona del Rosario, perché Dio l’ha colmata di grazie. Invece la trattiamo come se fosse la nostra serva e ci appropriamo delle sue qualità come fanno purtroppo certi carismatici. Di quello che porta dal cielo non ci rimane niente, salvo poche eccezioni. Quanta arroganza Gesù vede nei confronti di sua Madre! Abbiamo imparato con le preghiere a fare come per gli interessi di casa nostra: dire un’Avemaria non è come dare un euro alla Madonna, dirne cento non è come offrire cento euro. Se le preghiere non sono accompagnate da concretezza e verità non valgono nulla. Cosa facciamo per la Madonna? Siamo sicuri che non le dobbiamo mai niente? Se abbiamo una dipendenza o un vizio sarebbe buona cosa non alimentarli, ma gestirli in modo che restino nella loro forma iniziale. Invece diventiamo voraci e distruggiamo noi stessi e quelli che ci stanno vicino. A che serve? Limitiamo i danni e combattiamo una qualsiasi dipendenza, che può essere il dire male, così per abitudine riusciamo a vincerla. Criticare non significa necessariamente condannare una persona ma dissentire, riprendere, rinfacciare. Evitiamo di reagire o di sentirci stupidi quando veniamo offesi. Offriamo come digiuno al Signore la rinuncia a ciò che siamo più fragili, non il digiuno a pane e acqua.

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